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La trilogia di Bruno de Filippis

Biotestamento e fine vita, ed Wolters Kluwer 2018  

 

 

 

BIOTESTAMENTO E FINE VITA

NUOVE REGOLE NEL RAPPORTO

MEDICO PAZIENTE:

INFORMAZIONE, DIRITTI,

AUTODETERMINAZIONE

 

 

Introduzione

 

 

Si potrebbe dire che la legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) sia entrata, prima che nel nostro ordinamento, nella cultura collettiva, “goccia dopo goccia” attraverso una serie di “casi” largamente documentati dalla stampa e capaci di suscitare emozioni ed infiniti dibattiti nella società.

Se si guarda al panorama europeo, si rileva subito che casi analoghi si sono verificati negli altri Paesi ed hanno determinato vicende sempre analoghe e, in qualche caso, sovrapponibili come fotocopie.

Ciò, quantomeno, sta ad indicare che le esigenze e le problematiche, cui la legge si propone di far fronte, sono reali e diffuse e che non vi sono zone franche nelle quali le stesse non siano avvertite.

Un’altra considerazione che subito si manifesta è la sintonia tra la legge e le soluzioni che la giurisprudenza aveva elaborato in assenza di essa, traendola dai principi generali.

In particolare, vi è analogia tra i precetti dettati dalla legge 219 e la sentenza della Corte di Cassazione n. 21748 del 2007, relativa alla vicenda Englaro. Ivi, infatti, la Corte (come la legge) in primo luogo sottolineò l’importanza del consenso informato e, seguendo la ratio poi fatta propria dalla 219, giunse poi a sostenere che il diritto all’autodeterminazione terapeutica del paziente non incontra un limite allorché da esso consegua il sacrificio del bene della vita.

La sintonia descritta non sta ad indicare consonanza tra giurisprudenza o singoli giudici e successiva maggioranza parlamentare, bensì consonanza tra la legge approvata ed i principi fondamentali dell’ordinamento e, in particolare, della Costituzione, cui la giurisprudenza, in assenza di norme positive, si era largamente riferita.

In ragione di ciò, si può dire che la legge 219 sia figlia dell’art. 32 della Costituzione e che il processo che ne ha determinata l’approvazione sia uno dei casi in cui la piena applicazione dei principi dettati dalla Carta costituzionale abbia dovuto attendere un lungo periodo per poter essere attuata.

Il secondo comma dell’articolo citato recita infatti, sin dal 1948, che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

La legge 219 ha chiarito la portata di tali principi, in conformità alle stesse previsioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, specificando che idratazione ed alimentazione artificiale sono trattamenti sanitari e che la dignità della persona implica la possibilità di accettare o rifiutare le cure, anche se necessarie per la sopravvivenza, pervenendo con dignità e senza inutili sofferenze alla conclusione del proprio naturale percorso di vita.

Rilevante è, in modo particolare, il punto relativo all’identificazione di alimentazione ed idratazione, allorché effettuate con prescrizioni mediche e macchinari artificiali, come trattamenti sanitari, identificazione che gli oppositori della legge, in sede di lavori parlamentari e dibattiti nel Paese, avevano a lungo contestato, operando, per negare l’applicabilità del principio costituzionale una distinzione terminologica tra trattamenti sanitari e sostegno vitale.

Anche in relazione all’argomento del fine vita, come avvenuto per numerose altre questioni dibattute in tema di diritto della persona e della famiglia e sfociate in leggi di forte impatto sociale, gli elementi trainanti per modificare lo statu quo sono stati, da una parte i vecchi ma intramontabili principi costituzionali e, dall’altra, le spinte provenienti da un processo evolutivo di dimensioni europee.

Alcune leggi, come quella sul divorzio, hanno suscitato elevatissimo interesse nella pubblica opinione, non solo perché concernevano principi e visioni ideologiche o religiose, ma anche perché potevano, nel concreto, riguardare un numero elevato di persone.

Altre, come la legge 40 in tema di procreazione medicalmente assistita, hanno ugualmente determinato “guerra” di principi e valori, ma, nella loro effettiva applicazione, risultavano destinate ad interessare un numero molto minore di cittadini.

La legge 219 sui diritti di autodeterminazione della persona, non solo è importante perché coinvolge principi attinenti alla sfera personalissima delle convinzioni di ciascuno, ma è anche destinata ad avere larga attuazione, nel senso che la prospettiva del fine vita e delle scelte che, in relazione ad esso, potrebbero doversi operare, si propone e si snoda davanti a tutti.

Ciò nonostante, non è prevedibile, anche sulla base di rilievi statistici tratti da altri Paesi, che le Disposizioni anticipate di trattamento, che essa prevede ed attraverso le quali ciascuno può manifestare la propria volontà e pretenderne il rispetto, troveranno, quanto meno in una prima fase di attuazione, larga applicazione.

Vi è infatti, in ciascuno, una naturale ritrosia ad immaginare di potersi trovare in condizioni di incapacità mentale e volitiva ed in situazioni di possibile fine vita, che induce ad astenersi dal dettare, attraverso formalità burocratiche, le relative disposizioni.

Sentimenti simili sono possibili in relazione al testamento di carattere patrimoniale, che invece da millenni è pacificamente accettato e diffuso, ma le due situazioni differiscono in quanto, per esso, l’evento morte che si prospetta è certo ed inevitabile (a differenza dell’incapacità e dell’intervento medico) ed in quanto vi sono, per il patrimoniale, ulteriori ragioni, psicologiche e familiari, che inducono alla predisposizione.

Nel concreto, la legge 219 stabilisce che tutte le scelte mediche e le possibili alternative che esse, secondo il sapere scientifico, possono avere, devono essere comunicate al paziente in modo chiaro e completo e che, completata l’informazione, al paziente stesso, titolare del diritto alla salute, spetti l’ultima parola per la loro attuazione o rifiuto. Ciò non significa che il paziente possa decidere le proprie cure, ma che egli abbia facoltà di accettare o rifiutare ciò che il medico gli propone. La differenza è chiarita dal comma 6 dell’articolo 1 della nuova legge, secondo il quale il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente, ma questi non può pretendere trattamenti contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali.

Diversamente da quanto avviene quando il paziente sia in possesso delle proprie facoltà mentali, il rispetto della sua volontà non è assoluto qualora egli sia, al momento, incapace e, avendo redatto le disposizioni anticipate di trattamento, sia rappresentato da un fiduciario. In tal caso, infatti, ove le disposizioni appaiano palesemente incongrue o sussistano terapie non conosciute al momento della sottoscrizione (e quindi manchi o vi siano dubbi che manchi un valido consenso informato) il medico può, d’accordo con il fiduciario, disattenderle o, in caso di contrasto con il fiduciario stesso, provocare l’intervento del giudice tutelare, rimettendo la decisione a quest’ultimo.

Ulteriori disposizioni sono dettate per minorenni ed incapaci, con attribuzione al tutore o all’amministratore di sostegno della facoltà di ricevere le necessarie informazioni dal medico e di esprimere, sulla base di esse, il proprio consenso o rifiuto delle cure.

Anche in tale fattispecie, tuttavia, la volontà espressa dal rappresentante legale dell’incapace non equivarrà in toto, alla volontà dell’interessato, potendo il medico, che sia di parere diverso, rivolgersi al giudice. Solo la parola del paziente capace ed informato ha valore definitivo e non quella del suo tutore o del suo fiduciario.

Le disposizioni relative a tutore ed amministratore di sostegno sono quelle che dovranno, dall’entrata in vigore della legge in poi, essere applicate in tutti i casi in cui l’interessato non abbia redatto volontà anticipate di trattamento. I familiari, infatti, per poter far valere la volontà dell’incapace, dovranno preliminarmente provvedere per la nomina di un tutore o un amministratore e solo questi potrà poi interagire con il medico.

Dal quadro descritto si desume che, con l’entrata in vigore della nuova legge, siano stati riconosciuti in misura maggiore i diritti dei cittadini e che ciò corrisponde ad una visione più contrattualistica del potere statale, di ispirazione lockiana, e meno legata a concezioni che, in nome di ideologie e principi, ritengano prevalenti, rispetto alle volontà ed alle prerogative del singolo, anche per ciò che riguarda la sua entità fisica e la sfera più profonda della sua personalità, la volontà della collettività o dello Stato.

La legge non può neppure dirsi “sbilanciata” in favore dell’assoluta autodeterminazione del paziente, in quanto valorizza adeguatamente la professionalità e le prerogative del medico, collocando l’intera normativa all’interno della relazione di fiducia e cura, entro cui responsabilità ed autonomia di ciascuno si incontrano.  

La nuova normativa non prevede la possibilità di obiezione di coscienza del medico, in quanto non impone allo stesso obblighi attivi, che possano porsi in contrasto con la sua coscienza, ma gli impone unicamente di non procedere a trattamenti che ritenga necessari qualora il paziente li rifiuti, in tal modo lasciando che la malattia segua il suo corso naturale.

Su tal punto può non esservi uniformità di vedute, qualora non si tratti di non iniziare una terapia, bensì di sospenderla, qualora il paziente o il suo legittimo rappresentante lo richieda, poiché in tal caso è materialmente richiesta un’attività sospensiva (è necessario, secondo il linguaggio giornalistico, “staccare la spina”).

La legge, in modo univoco, ritiene equivalenti, sotto il profilo del diritto al rifiuto, le situazioni in cui la terapia non debba essere iniziata e quella in cui debba essere interrotta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

indice-sommario

Introduzione  ............................ ..................... pag.......................... V

Indice Sommario  ............................ ..................... pag......................... XI

 

Capitolo I

PRIMA DELLA LEGGE

 

1.   Caso Welby............................ ........................... ».......................... 1

2.   Caso Englaro............................ ........................... ».......................... 7

2.1 La sentenza della Corte di Cassazione n. 21748 del 2007............................ ........................... »........................ 10

2.2 Le successive vicende............................ ........................... »........................ 18

3.   Sentenza Assise Milano, 24 aprile 2002............................ ........................... »........................ 22

4.   Terry Schiavo............................ ........................... »........................ 25

5.   Il caso Lambert............................ ........................... »........................ 27

6.   Caso Pretty – Regno unito............................ ........................... »........................ 29

7.   Caso Sanles - Spagna............................ ........................... »........................ 32

8.   Caso Haas - Svizzera............................ ........................... »........................ 33

9.   Caso Koch – Germania............................ ........................... »........................ 36

Capitolo II

inquadramento sistematico

e principi di diritto

 

1.   Articoli 2, 13 e 32 della Costituzione............................ ........................... »........................ 39

2.   Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea............................ ........................... »........................ 43

3.   Codice civile e codice penale............................ ........................... »........................ 46

4.   Diritto alla vita............................ ........................... »........................ 48

 

 

5.   Disposizioni di fine vita ed eutanasia............................ ........................... »........................ 50

6.   Cittadini pleno iure............................ ........................... »........................ 52

7.   Consenso informato............................ ........................... »........................ 54

8.   Trattamenti sanitari ............................ ........................... »........................ 58

9.   Accanimento terapeutico............................ ........................... »........................ 60

10. L’intervento di Papa Bergoglio............................ ........................... »........................ 62

11. La vicenda parlamentare............................ ........................... »........................ 64

12. Trattamenti sanitari obbligatori............................ ........................... »........................ 69

12.1 Influenza della nuova legge in tema di trattamenti sanitari per patologie psichiatriche............................ ........................... »........................ 72

13. Consenso informato ed amministrazione di sostegno............................ ........................... »........................ 74

14. Pareri del Comitato nazionale per la bioetica............................ ........................... »........................ 77

14.1 Parere sulla sedazione profonda............................ ........................... »........................ 80

Capitolo III

commento degli articoli della nuova legge

 

1.   I principi enunciati nel primo comma dell’art. 1............................ ........................... »........................ 83

2.   La relazione di cura e fiducia............................ ........................... »........................ 88

3.   Il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute............................ ........................... »........................ 91

4.   Acquisizione e documentazione del consenso informato........................... »........................ 94

5.   Rifiuto di trattamenti sanitari............................ ........................... »........................ 96

6.   Rispetto della volontà del paziente............................ ........................... »...................... 100

7.   Situazioni di emergenza............................ ........................... »...................... 103

8.   Gli ultimi commi dell’art. 1............................ ........................... »...................... 105

9.   Terapia del dolore............................ ........................... »...................... 107

10. Divieto di ostinazione terapeutica............................ ........................... »...................... 109

11. Soggetti minori di età............................ ........................... »...................... 111

12. Persone per le quali siano state disposte l’interdizione, l’inabilitazione o l’amministrazione di sostegno............................ ........................... »...................... 115

13. Rifiuto delle cure e ricorso al giudice............................ ........................... »...................... 119

13.1 In assenza di D.A.T............................. ........................... »...................... 121

14. Disposizioni anticipate di trattamento............................ ........................... »...................... 122

14.1 Modello di disposizioni anticipate ............................ ........................... »...................... 125

15. Il fiduciario............................ ........................... »...................... 127

15.1 Mancata indicazione del fiduciario............................ ........................... »...................... 130

15.2 Rispetto delle DAT............................ ........................... »...................... 131

15.3 Formalità per la redazione delle DAT............................ ........................... »...................... 133

15.4 Informazioni circa la possibilità di redigere e DAT............................ ........................... »...................... 135

16. Pianificazione condivisa delle cure............................ ........................... »...................... 136

16.1 Consenso per la pianificazione condivisa............................ ........................... »...................... 139

17. Articoli conclusivi............................ ........................... »...................... 140

 

 

 

 

Appendice legislativa ............................ ........................... »...................... 143

Indice analitico alfabetico ............................ ........................... »...................... 157

Bibliografia ............................ ........................... »...................... 165

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

Capitolo I

 

PRIMA DELLA LEGGE

 

 

Sommario: 1. Caso Welby. -  2. Caso Englaro. . -  2.1 La sentenza della Corte di Cassazione n. 21748 del 2007 -  2.2 Le successive vicende. - 3. Caso Nuvoli. - 4. Caso Pileddu. - 5. Caso Forzatti. - 6. Terry Schiavo. - 7. Caso Lambert. - 8. Caso Pretty – Regno unito. - 9. Caso Saules – Spagna. - 10. Caso Haas - Svizzera. – 11. Caso Koch – Germania.

 

 

1. Caso Welby.

 

Piergiorgio Welby, affetto da una grave ed irreversibile forma di distrofia muscolare, sopravviveva dal 1997 grazie ad un respiratore artificiale. Nel 2006 egli chiese di distaccare l’apparecchio e, dopo il rifiuto del medico, propose ricorso al Tribunale civile, ai sensi dell’art. 700 c.p.c. ([1]).

Il ricorso fu dichiarato inammissibile, per mancanza nel sistema giuridico italiano di una normativa specifica. Il percorso seguito dal giudice nella motivazione del provvedimento dichiarativo dell’inammissibilità del ricorso ([2]), non negava il diritto all’autodeterminazione, che anzi veniva ampiamente riconosciuto:

 

Il principio dell'autodeterminazione e del consenso informato è una grande conquista civile delle società culturalmente evolute; esso permette alla persona, in un'epoca in cui le continue conquiste e novità scientifiche nel campo della medicina consentono di prolungare artificialmente la vita, lasciando completamente nelle mani dei medici la decisione di come e quando effettuare artificialmente tale prolungamento, con sempre nuove tecnologie, di decidere autonomamente e consapevolmente se effettuare o meno un determinato trattamento sanitario e di riappropriarsi della decisione sul se ed a quali cure sottoporsi.

Nel corso degli anni è profondamente mutato il modo di intendere il rapporto medico-paziente, e il segno di questa trasformazione è proprio nella rilevanza assunta dal consenso informato, che ha spostato il potere di decisione del medico al paziente, in cui quest'ultimo è diventato protagonista del processo terapeutico.

Il quadro di riferimento dei principi generali si rinviene innanzitutto negli artt. 2, 13 e 32 Cost., ed abbraccia la tutela e promozione dei diritti fondamentali della persona della sua dignità ed identità, della libertà, personale e della salute.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale ha fatto emergere l'ampiezza di tale principio, nel senso che qualsiasi atto invasivo della sfera fisica, sia di natura terapeutica che non terapeutica, non può avvenire senza o contro il consenso della persona interessate, in quanto l'"inviolabilità fisica" costituisce il "nucleo" essenziale della stessa libertà personale; mentre, l'imposizione di un determinato trattamento sanitario può essere giustificato solo se previsto da una legge che lo prescrive in funzione di tutela di un interesse generale e non a tutela della salute individuale e se è comunque garantito il rispetto della "dignità" della persona (art. 32 Cost.).

 

Il rigetto era motivato con riferimento all’inesistenza di una disciplina di legge, idonea a superare la soggettività di ciascuno nell’interpretazione della linea di confine tra diritto alla vita ed accanimento terapeutico:

 

Il nodo centrale è che, siccome l'ordinamento giuridico va considerato nell'intero complesso, appare non discutibile che esso non preveda nessuna disciplina specifica sull'orientamento del rapporto medico-paziente e sulla condotta del medico ai fini dell'attuazione pratica del principio dell'autodeterminazione per la fase finale della vita umana, allorché la richiesta riguardi il rifiuto o l'interruzione di trattamenti medici di mantenimento in vita del paziente..

Esso, tuttavia, sul piano dell'attuazione pratica del corrispondente diritto del paziente ad "esigere" ed a "pretendere" che sia cessata una determinata attività medica di mantenimento in vita (il problema si è posto, in particolare, per l'alimentazione e l'idratazione forzate e, come nel caso di specie, per la respirazione assistita a mezzo di ventilatore artificiale), in quanto reputata di mero accanimento terapeutico, lascia il posto alla interpretazione soggettiva ed alla discrezionalità nella definizione di concetti si di altissima contenuto morale e di civiltà e di intensa forza evocativa (primo fra tutti la dignità della persona"), ma che sono indeterminati e appartengono ad un campo non ancora regolato dal diritto e non suscettibile di essere riempito dall'intervento del Giudice, nemmeno utilizzando i criteri interpretativi che consentono il ricorso all'analogia o ai principi generali dell'ordinamento..

In altri termini, in assenza della previsione normativa degli elementi concreti, di natura fattuale e scientifica, di una delimitazione giuridica di ciò che va considerato "accanimento terapeutico", va esclusa la sussistenza di una forma di tutela tipica dell'azione da far valere nel giudizio di merito e, di conseguenza, ciò comporta la inammissibilità dell'azione cautelare, attesa la sua finalità strumentale e anticipatoria degli effetti del futuro giudizio di merito.

 

La decisione del Tribunale fu impugnata dal Pubblico Ministero, secondo il quale, in assenza di legge, dovevano essere applicati i principi generali dell’Ordinamento, con particolare riferimento alla Costituzione.

Welby non attese ulteriori interventi giudiziari e diede corso ai suoi propositi, avendo trovato un anestesista disponibile ad accettare la sua volontà. Pertanto egli, nella notte tra il 20 ed il 21 dicembre 2006, si spense poco dopo il distacco del ventilatore automatico.

A questo punto intervennero l’Ordine dei medici e la giustizia penale. La commissione disciplinare dell’Ordine archiviò il caso ed analoga richiesta di archiviazione fu presentata dalla Procura della Repubblica.

La richiesta di archiviazione del procedimento penale non fu condivisa dal GIP, che dispose l’imputazione coatta per il reato di omicidio del consenziente.

 



([1]) Dal libro Lasciatemi morire, ed. Rizzoli, 2006, nel quale Welby racconta la sua vicenda: "La mia storia è simile a tanti altri distrofici. Non è facile ricordare come tutto sia cominciato: forse fu una caduta immotivata o un bicchiere troppo spesso sfuggito di mano. Ma quello che non si può dimenticare è il giorno in cui il medico, dopo la biopsia muscolare e l’elettromiografia, ti comunica la diagnosi: distrofia muscolare progressiva. È una delle patologie più crudeli perché, mentre lascia intatte le facoltà intellettive, costringe il malato a confrontarsi con tutti gli handicap conosciuti, da claudicante a paraplegico, da paraplegico a tetraplegico, poi arriva l’insufficienza respiratoria e la tracheotomia. Il cuore di solito non viene colpito e quello che i medici chiamano esito infausto si ha per i decubiti o una polmonite. Per me la diagnosi arriva nel 1963. Il solito pellegrinaggio alla ricerca di una cura approda alla sentenza di un luminare: «non supererà i vent’anni». Lascio gli studi e tra il 1969 ed il 1971 giro l’Europa. Non muoio, ma la malattia si aggrava … negli anni ottanta vi è un ulteriore aggravamento: non posso più camminare”. Infine Welby si ritrova immobilizzato, tracheostomizzato e capace di comunicare solo attraverso un computer: “Oggi respiro con l’ausilio di un ventilatore polmonare, mi nutro di un alimento artificiale (Pulmocare) e altri elementi semiliquidi, parlo con l’ausilio di un computer e di un software. La notte alle volte non riesco a creare quel vuoto mentale che mi permetta di ignorare il rumore del ventilatore polmonare e allora quell’ansare rauco da bestia ferita a morte mi invade il cervello, mi paralizza i neuroni, ne blocca la sinapsi, tramuta tutte le percezioni in terrore”.


([2]) Tribunale Roma, sez. I, 16/12/2006.




Bruno de Filippis

Bruno de Filippis, magistrato dal 1978, autore di numerosissime opere giuridiche, pubblicate dalle maggiori case editrici nazionali, direttore e curatore di collane, più volte ascoltato come esperto di diritto di famiglia dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha collaborato alla stesura di leggi, tra cui la 54/2006, in tema di affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio. Ha presieduto o ha partecipato come relatore ad innumerevoli convegni in svariate località italiane. Ha diretto l’attività di commissioni di studio per la riforma del diritto di famiglia. Ha elaborato progetti di riforma per il riconoscimento dei diritti delle coppie non matrimoniali e delle coppie composte da persone dello stesso sesso, dei minorenni adottati nelle forme dell’adozione in casi particolari, dei nati da madri che non intendono essere nominate e delle persone che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.