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La trilogia di Bruno de Filippis

Anchorage. Vivere per sempre

Il 28 marzo 1964, un sisma di magnitudo 9,2 colpì un angolo di mare circondato da montagne e situato 80 km a sud di una città dell’Alaska chiamata Anchorage. La scossa causò uno tsunami che, spingendosi verso sud, raggiunse le coste della California.   

 

Anchorage

Vivere per sempre

 

    Premessa

I microfoni sono a posto. Il computer per le immagini di supporto è collegato e l’intervento iniziale è ben scritto nella mia mente. – pensò Cécile – ma siamo pochi, troppo pochi! Avevamo allestito per almeno 200 persone e qui arriviamo a stento a venti..

Guardò la sorella e lesse in lei una preoccupazione almeno analoga, se non maggiore. Giada stava consultando freneticamente il cellulare e le venne incontro con il viso in fiamme.

-         Cesare ed il suo gruppo stavano venendo qui e sono stati aggrediti. Una squadraccia, certamente dei Guardiani della Morale, ha teso loro un agguato. Rita e Giovanna sono state portate in ospedale! Vado da loro!

Pur essendo la più piccola, Cécile aveva i nervi saldi e finiva per essere quella che prendeva le decisioni.

-         Non cadere nella trappola. Non ci muoveremo da qui. Metteremo l’evento in rete e lo vedranno molte più persone di quante avrebbero potuto essere fisicamente presenti.

Giada si bloccò dov’era, come il fotogramma di una pellicola interrotta, scuotendo la testa e lasciando che ciocche dei suoi capelli, bruni e ribelli, le danzassero sulla fronte.

In quel momento un’altra ragazza entrò correndo nell’aula dell’università.

-         Hanno bloccato gli ingressi, non lasciano passare nessuno. Io sono qui perché ero già dentro prima che arrivassero. Bisogna chiamare la polizia.

-         Sai bene che non verranno – rispose Cécile – se non li chiama il rettore in persona.

-         Hanno detto che entreranno qui e sfasceranno tutto – aggiunse la nuova entrata.

Cécile le si avvicinò e la abbracciò per tranquillizzarla.

-         Non temere. Tutto quello che avverrà qui dentro sarà videoregistrato. Sanno colpire nell’ombra, ma hanno ancora qualche remora a mostrare pubblicamente quanto sono prevaricatori e violenti. Fortunatamente esiste ancora un’opinione pubblica.. Vogliono intimorirci per farci andar via.

 La nuova entrata si abbandonò all’abbraccio di Cécile, sciogliendo la tensione in pianto. Intanto, con un rumore secco, il vetro di una finestra andò in frantumi ed un sasso volò a poca distanza da Giada.

-         Inquadra il vetro ed il sasso, mettili in rete, in diretta! – urlò Cécile rivolta al ragazzo che sedeva davanti ad un pc, cominciando al tempo stesso a parlare, con tono pacato e insieme appassionato:

-         Non so fino a quando potrò dire che una donna ha diritto di essere libera di decidere della sua vita e, finché posso, voglio gridarlo. Non so fino a quando potrò dire che nessuno può imporre idee religiose ad altri e, finché posso, voglio gridarlo. Non so fino a quando, potrò dire che amo correre verso il futuro piuttosto che rituffarmi nel passato e, finché posso ..

Intanto era entrato nell’aula un folto gruppo di persone, tra cui una ragazza velata e molti giovanotti barbuti. La ragazza gridò, interrompendola:

-         Eccole qui. Tutto questo chiasso per un manipolo di puttanelle. Potevamo anche non darci pena di venire e restare in chiesa a pregare. Guardatele, sono patetiche. Parlano di libertà delle donne come le suffragette del 1900. Ma che diritto hanno di parlare a nome delle donne, quando non ne capiscono i valori?

Il gruppo dei nuovi arrivati prese ad avanzare, spingendo, come vi fosse un invisibile muro di gomma, gli altri verso il tavolo centrale.

-         Ah, Nahila, ci ricordiamo di te, anche se adesso sei mascherata. – disse Cécile. - Frequentavi il nostro gruppo, prima di diventare una fanatica del ritorno alla tradizione. Ma eri venuta da noi solo perché ti piaceva uno dei ragazzi e lui non ti volle. Come lo capisco! Fai bene ora a girare velata, così non si vede quanto sei brutta.

Poi, rivolta al gruppo dei sempre più vicini aggressori, continuò: - Quanto a voi, vi avverto che conosco quasi tutti i vostri nomi e che qui è pieno di telecamere. Quelli di voi che studiano legge conoscono le pene previste dal codice per danneggiamenti e lesioni .. tranne tu, Yussef, che pur iscritto da tre anni a giurisprudenza non hai mai fatto un esame. Fattelo dire da qualcuno. Torceteci solo un capello e domani mattina vi sveglierete in carcere.

-         Non sempre vi saranno telecamere – gridò Nahila in tono minaccioso – e non ce ne saranno quando vi sarà gettato l’acido in faccia e quando sarete stuprate.-

-         Chiudi su questa frase – disse Cécile al ragazzo alla consolle – replicala e falla sfumare inquadrando il vetro rotto. -

Mentre il gruppo nemico andava via, i presenti si strinsero intorno a Cécile, congratulandosi con lei.

-         Sei stata magnifica – le disse la sorella – Con il tuo sangue freddo hai salvato tutti. I “mi piace” stanno fioccando sul web.

Cécile tremava, ma non voleva che nessuno se ne accorgesse.

Intanto era arrivato Cesare, un ragazzone con i capelli rossi. Aveva una brutta ferita sulla fronte ed un’espressione stravolta ed irata. Guardò tutti i presenti, come per assicurarsi che stessero bene e guardò Cécile, con l’aria di chi sia finalmente arrivato alla meta di tutti i suoi pensieri.

 

 

1.       Claudio, molto lontano da lì.

Era entrata, come aveva fatto a superare gli sbarramenti previsti nella sede della facoltà, a tutela della mia privacy? La giornalista con gli occhi azzurri in grado di bucare lo schermo (e non solo), era davanti a me e mi stava chiedendo un’intervista esclusiva per le testate con le quali collaborava. Una lunga intervista, precisò, dalla quale poteva poi magari tirarsi fuori un libro.

Ora potevo guardarla meglio, ma, per il timore di tradire l’emozione che mi dava, non ressi a lungo il suo sguardo ed abbassai gli occhi per primo.

Poi mi diedi un pizzico virtuale, pensando che ora, essendo felicemente sposato con Carla, amore della mia vita, non potevo lasciare che la bellezza di altre mi catturasse con tanta felicità.

 

Aveva un fisico a clessidra e portava un abito stretto in vita, leggero come se fosse fatto di nulla e lei era uguale al suo vestito. Come la Giulietta di Romeo, sembrava avere la consistenza dei sogni.

Non si chiamava Pandora, come avevo ipotizzato quando mi aveva interrogato durante la conferenza stampa, ma Paola (comunque l’iniziale l’avevo indovinata).

Sorridendo, mi chiese se potevamo darci del tu.

Le risposi affermativamente su ogni cosa. Al tu, all’intervista esclusiva, alla proposta di cominciare l’indomani stesso, a casa mia, per rendere tutto più spontaneo e vero. Per fortuna non mi chiese altro e non fui costretto a dirle altri sì.

La sera ero a casa, a letto, e guardavo la nostra TV con lo schermo gigante. Mi piace addormentarmi guardandola.

Carla non era stata molto contenta, quando le avevo detto che una giornalista sarebbe venuta ad impicciarsi degli affari nostri fin dentro casa, ma poi aveva accettato, avendole io detto che la popolarità ha un prezzo e che comunque serve per far affluire finanziamenti alle nostre ricerche. Era in quel bellissimo stadio, che spesso dura poco, in cui le mogli ascoltano i mariti e li assecondano, invece di dire automaticamente il contrario o, peggio, di ignorarli del tutto.

Ero sintetizzato su di un classico western, Gunfight at the O.K. Corral, che mi piaceva vedere in lingua originale. Mi trovavo al punto in cui gli uomini di Clanton uccidono un fratello dello sceriffo e speravo di restare sveglio fino alla sparatoria finale, per vedere quei malvagi rantolare nella polvere.

Ho da sempre molta empatia per i “buoni” ed amo i western perché lì vincono quasi sempre, comunque molto più spesso di quanto avvenga nella vita reale.

Mentre le mie palpebre si abbassavano dolcemente, per poi tornare un po’ a rialzarsi, con movimento ondulatorio, Carla mi raggiunse, scivolando accanto a me sotto le lenzuola.

Quello era il momento della giornata che preferivo. Adesso lei era completamente mia. Che facessimo l’amore o semplicemente ci abbracciassimo o anche solo ci prendessimo per mano, non c’era nessun altro tra noi, nessuno che la distraesse da me. L’optimum era quando si addormentava con la testa sul mio petto ed io potevo addormentarmi a mia volta un attimo dopo, carezzando con la punta delle dita una delle sue curve.

La notte, tuttavia, non fu tranquilla.

Carla si svegliò di soprassalto, svegliando allo stesso modo anche me e gridando: - Le mie bambine! Sono in pericolo. – contemporaneamente corse verso la stanza accanto alla nostra, dove le piccole dormivano.

Corsi dietro di lei. Da quando avevamo vissuto l’avventura di Terra 2, era diventata un po’ medium, aveva percezioni ed intuizioni di natura assolutamente speciale, che avevo imparato a non sottovalutare.

Le bambine, tuttavia, dormivano come angioletti e continuarono pacificamente a farlo nonostante la nostra irruzione.

Carla le accarezzò e tornò a letto.

La scena si ripeté altre due volte, nel corso della notte.

Non seppe dirmi di che pericolo si trattasse, né, se era un sogno, lo descrisse, ma continuò a dire che le sue figlie erano in grave pericolo.

Alla terza irruzione la più grande si svegliò e Carla, per rassicurarla, rimase nel loro letto. Dopo aver fatto un altro giro in casa, controllando finestre e sistema di allarme, me ne tornai nel nostro da solo, vivendo una sensazione di vuoto e freddo.

 

2.       L’intervista

Paola, la giornalista, aveva con sé un fotografo. Acconsentii a che mi fotografasse nello studio, seduto sulla poltrona girevole dietro la scrivania in legno massello, con sullo sfondo la cartina con tutte le più importanti zone sismiche dell’Europa meridionale. Senza perdere l’autoironia, pensai che dovevo sembrare una persona molto importante.

Il suo modo di fare domande, che poteva definirsi a zig zag, poiché saltava tra i vari argomenti senza alcuna apparente sistematicità, rendeva la conversazione briosa.

Dopo aver chiesto a che punto fossero i nostri studi sui terremoti e quale sarebbe stato il prossimo dalle nostre parti (indicai un punto sulla cartina, tra la Grecia e l’Albania), mi chiese di dire finalmente la verità sulla dimensione parallela. C’eravamo stati veramente o era tutta una montatura per creare interesse e mistero intorno a noi?

Con Carla eravamo stati sin dall’inizio d’accordo nel lasciare in piedi entrambe le tesi, del viaggio dimensionale e dell’allucinazione, perché, non avendo prove inoppugnabili per sostenere la verità, volevamo evitare accuse e tesi che potessero danneggiare la nostra immagine di credibili scienziati.

-         Come ho sempre detto – risposi – io stesso non lo so. Siamo rimasti intrappolati in quella caverna e siamo stati esposti a gas che hanno determinato allucinazioni, ma si è trattato di allucinazioni fortemente realistiche e per molti aspetti uguali per entrambi. In quel momento avrei giurato che fosse tutto vero, ma, come scienziato, devo avere dei dubbi. Le percezioni umane possono essere ingannevoli, dobbiamo affidarci al rigore delle prove scientifiche.

-         Supponiamo per un attimo che il viaggio nella dimensione parallela sia realmente avvenuto: come era la vita lì? È vero che le donne di Terra 2 sono molto più belle di noi?

Accettai l’escursione mondana, che Paola proponeva, ma risposi diplomaticamente.

-         Se Terra 2 esiste ed i suoi abitanti sono più progrediti di noi, è logico che siano in grado di utilizzare i progressi della scienza anche per migliorare il loro aspetto fisico. Se invece è tutto frutto di una mia allucinazione, è altrettanto logico che io abbia immaginato donne bellissime. Quindi la risposta è, in tutti e due i casi, sì. Ma con le dovute eccezioni – dissi guardandola, per chiudere con galanteria.

-         Ed è vero – volle sapere ancora – che le donne lì girano nude?-

-         Se avessi immaginato tutto, ciò sarebbe espressione di un mio desiderio. Se invece Terra 2 esiste, è prova di minori pregiudizi e maggiore libertà. Tuttavia non è vero che girano nude, i vestiti sono disegnati sulla pelle. L’effetto è meraviglioso.

Con disinvoltura, Paola passò a domande più personali.

-         Dicono che lei sia un donnaiolo. Gli amanti del gossip scommettono sulla stabilità della sua attuale relazione. Secondo lei esiste l’amore capace di legare per tutta la vita?

Questa volta non ebbi bisogno di essere diplomatico o prudente, non avendo problemi nel dire ciò che pensavo.

-         Sì, esiste, ma è molto difficile trovarlo. Direi che le probabilità sono una su milioni. Dal punto di vista del DNA siamo programmati per cercarlo e, generalmente, non facciamo altro sin da quando siamo piccoli. Ma è come cercare un ago in un pagliaio. L’errore è la regola e quindi ci arrendiamo di fronte alla sproporzione delle probabilità oppure ci accontentiamo di un rapporto che comunque funzioni.

-         E lei l’ha trovato? Ha estratto il biglietto della lotteria dell’uno su milioni?

Presi la fotografia di Carla, che troneggiava sulla mia scrivania, la guardai rapito e la baciai.

-         Bella risposta – disse lei, con un’espressione che mentalmente tradussi in: “Non ti credo. Mi verrebbe voglia di sedurti per dimostrarti il contrario”

-         Sua moglie, nota e brillantissima scienziata anche lei, ha due bambine. Vivono con voi? Come funziona il rapporto con loro? Hanno subito traumi per il divorzio dei genitori?

-         Se accettiamo la teoria dimensionale, dobbiamo presupporre che di tanto in tanto si crei una nuova Terra e che essa voli via, portandosi per sempre una parte di noi, che non potrà più ricongiungersi alle precedenti. Il divorzio è uguale. Quando succede, una porzione delle persone coinvolte resta da un lato ed una porzione dall’altro. I pezzi non si possono più incollare e neppure bisogna provarci sperando che tutto torni perfettamente a posto. Occorre solo trovare un equilibrio tra passato e presente, tra ricordi, speranze e rimpianti. Non dirò perciò che per le figlie di mia moglie sia ora tutto perfetto, ma solo che si trovano tra persone che fanno del loro meglio perché la vita continui nel miglior modo possibile e che loro l’hanno capito e si adoperano per il medesimo scopo. .. E poi sono bellissime, le ha viste?

-         Quindi è innamorato anche di loro?

-         Certo, sono innamorato di tutto ciò che è Carla e di Carla, ma con loro è facilissimo: sono deliziose.

-         Sempre presupponendo che la teoria dimensionale non sia una bufala, secondo lei, quante dimensioni, quante Terre ci sono?

-         Dal punto di vista teorico, un numero incalcolabile, paragonabile a quello delle stelle. I terremoti sono eventi che potrebbero determinare la duplicazione dei mondi, ma ve ne sono altri. Ad esempio un viaggio dimensionale di una o più persone. Ma perché meravigliarci? Le scoperte che abbiamo fatto studiando il cosmo o gli atomi hanno dimostrato che la natura si estende in direzioni insospettate, spesso tendendo a numeri vicini all’infinito.

Mi chiese infine in quale direzione futura, dopo la messa a punto definitiva della teoria per prevedere i terremoti, si sarebbero rivolti i nostri studi e così le diedi lo scoop che cercava.

-         Il prossimo step – dissi – sarà capire come catturare e rendere fruibile per l’uomo l’energia generata dai terremoti. Pensi, un solo sisma potrebbe sostituire l’energia atomica prodotta in un anno da dieci centrali nucleari. -

-         Lei è già uno dei maggiori benefattori dell’umanità – disse alzandosi. – Ma, se farà anche questo, sarà il più grande di tutti!

Detto questo si avvicinò e mi diede un grosso bacio sulla guancia, facendo segno al cameraman di riprendere tutto. Mi colse assolutamente di sorpresa.

 

 

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Bruno de Filippis

Bruno de Filippis, magistrato dal 1978, autore di numerosissime opere giuridiche, pubblicate dalle maggiori case editrici nazionali, direttore e curatore di collane, più volte ascoltato come esperto di diritto di famiglia dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha collaborato alla stesura di leggi, tra cui la 54/2006, in tema di affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio. Ha presieduto o ha partecipato come relatore ad innumerevoli convegni in svariate località italiane. Ha diretto l’attività di commissioni di studio per la riforma del diritto di famiglia. Ha elaborato progetti di riforma per il riconoscimento dei diritti delle coppie non matrimoniali e delle coppie composte da persone dello stesso sesso, dei minorenni adottati nelle forme dell’adozione in casi particolari, dei nati da madri che non intendono essere nominate e delle persone che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.