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La trilogia di Bruno de Filippis

                

DIRITTO DELLA PERSONA E DELLA FAMIGLIA

Rubrica a cura di Bruno de Filippis


È OBBLIGATORIO ATTRIBUIRE AI FIGLI IL SOLO COGNOME DEL PADRE?

 

Le ragioni che, in passato, rendevano indispensabile l’attribuzione del cognome maschile avevano fondamentale importanza sia dal punto di vista sociale che economico, segnando il confine tra la rispettabilità e la condizione infima e disprezzabile del bastardo. In epoca romana (nella quale si affermava che la maternità fosse sempre certa e la paternità mai), se il padre sollevava da terra il nuovo nato lo riconosceva come suo, attribuendogli il diritto di far parte della famiglia e di portarne il cognome. Con il cristianesimo, al fatto di far parte o meno della famiglia si aggiunse una connotazione morale, legata all’unicità del matrimonio e ad un giudizio di colpa per le nascite avvenute fuori di esso. Il cognome divenne il simbolo di una nascita “senza peccato”. Nei secoli successivi, perdurando la supremazia maschile e l’assoluta dipendenza economica della donna, l’assunzione del cognome divenne simbolo della liceità del comportamento dei genitori al momento del concepimento. Ciò produsse una subcultura, in base alla quale il peggior insulto che potesse rivolgersi ad una persona consisteva nel definirla bastardo.

Nell’epoca attuale, tutto ciò dovrebbe essere stato superato. La nascita fuori del matrimonio non è più considerata un disvalore, specie da quando la riforma del 2012-2013 ha definitivamente abolito la distinzione tra figli legittimi e non, stabilendo solennemente che tutti i figli hanno il medesimo stato giuridico.

La tradizione e le idee del passato continuano tuttavia ad esercitare la loro influenza, tanto che ancora oggi alcune donne sono restie a valersi delle disposizioni che consentono di attribuire ai figli il doppio cognome.

Si noti che nel codice, per i figli nati nel matrimonio, non vi è una disposizione che espressamente preveda l’assunzione del cognome del padre, in quanto, fino alla riforma del 1975, il cognome paterno era l’unico cognome della famiglia e non vi era quindi necessità di precisare che il figlio lo assumesse. La situazione era simile a quella che si verifica per la diversità di sesso degli sposi. Il codice civile non contiene una disposizione che la richieda, perché ciò era considerato in passato assolutamente ovvio ed ogni precisazione appariva inutile e sovrabbondante (se non addirittura risibile).

Nell’epoca attuale due successivi interventi della Corte Costituzionale, validi sia per i nati nel matrimonio che fuori di esso, hanno prima riconosciuto la possibilità di attribuire al figlio entrambi i cognomi di entrambi di genitori e poi reso automatico questo regime, salvo diverso accordo tra i genitori stessi.

Pertanto, attualmente, l’assunzione del doppio cognome per i nuovi nati è la regola e l’attribuzione di un solo cognome l’eccezione, che richiede l’accordo.

Tuttavia, i retaggi del passato, la forza dell’abitudine e la non ancora avvenuta penetrazione nel costume delle nuove disposizioni fanno sì che la regola di diritto non si è ancora trasformata in una prevalenza di fatto.

 

Sentenza 131/2022 Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE Presidente AMATO - Redattore NAVARRETTA Udienza Pubblica del 26/04/2022 Decisione del 27/04/2022 Deposito del 31/05/2022 Pubblicazione in G. U.

 1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; 2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;


 

Attualmente, per effetto delle decisioni della Consulta, i figli nati nel matrimonio, in assenza di diverso accordo tra i genitori:

- assumono entrambi i cognomi;

- assumono come primo il cognome paterno e come secondo il cognome materno.

In presenza di accordo, può essere attribuito uno solo dei cognomi oppure l’ordine dei cognomi può essere invertito.

L’accordo non richiede formalità particolari. Esso, anche se verbale, può essere trasfuso nella dichiarazione resa nell’atto di nascita. Se la dichiarazione viene resa da un solo genitore, questi assume la responsabilità della sua veridicità.

 

La situazione è la stessa per i figli nati fuori del matrimonio, da coppie conviventi o meno, purché il bambino sia stato riconosciuto alla nascita da entrambi. Altrimenti, il piccolo prende il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, fatta salva l’applicazione delle norme vigenti in caso di riconoscimento successivo da parte dell’altro.



Bruno de Filippis

Bruno de Filippis, magistrato dal 1978, autore di numerosissime opere giuridiche, pubblicate dalle maggiori case editrici nazionali, direttore e curatore di collane, più volte ascoltato come esperto di diritto di famiglia dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha collaborato alla stesura di leggi, tra cui la 54/2006, in tema di affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio. Ha presieduto o ha partecipato come relatore ad innumerevoli convegni in svariate località italiane. Ha diretto l’attività di commissioni di studio per la riforma del diritto di famiglia. Ha elaborato progetti di riforma per il riconoscimento dei diritti delle coppie non matrimoniali e delle coppie composte da persone dello stesso sesso, dei minorenni adottati nelle forme dell’adozione in casi particolari, dei nati da madri che non intendono essere nominate e delle persone che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.